«Fu un atto politico contro la libertà»
Pubblichiamo integralmente la lettera-appello firmata da alcuni intellettuali mantovani. Il contenuto era stato anticipato nell’edizione di ieri della Gazzetta dal presidente dell’Istituto di storia contemporanea Maurizio Berttolotti Come annunciato, il concerto di Capodanno al Teatro Sociale si è concluso con l’esecuzione della Marcia di Radetzky di Johann Strauss il vecchio. Ci dicono che così avviene ormai da alcuni anni, ciò che ai nostri occhi non mitiga, bensì acuisce la gravità del fatto. Il maresciallo Johann Joseph Franz Karl Radetzky (1766-1858) fu colui che,
nella sua qualità di governatore generale militare e civile del Lombardo-Veneto, ispirò e guidò nel 1852-53 il processo ai congiurati di Belfiore e decise alla fine quali dei condannati dovessero salire il patibolo. Nell’occasione si comportò con particolare durezza, respingendo ogni richiesta di clemenza. Radetzky fu il vero carnefice dei martiri di Belfiore. Ma la vicenda è da considerare in una più ampia prospettiva. Sin dal 1831 Radetzky fu di fatto il responsabile del controllo militare del Lombardo-Veneto e dunque anche il principale responsabile dell’oppressione politica esercitata da Vienna sui territori italiani. Nel 1848 le provocazioni che egli orchestrò furono tra le cause dell’inasprirsi a Milano dei rapporti tra cittadini e autorità. Dopo la vittoria di Custoza condusse con spietatezza la repressione: a farne le amare spese fu anche la cittadina mantovana di Sermide, ridotta in cenere il 29 luglio perché i suoi abitanti avevano osato resistere al ritorno degli occupanti. Negli anni successivi impose uno stato d’assedio che significò anche per i mantovani un vero e proprio stato di servaggio. Non sorprende che egli assurgesse agli occhi dei lombardi, dei veneti e degli italiani a simbolo dell’oppressione, mentre gli austriaci lo acclamavano salvatore dell’impero e della corona. Proprio per acclamare Radetzky Strauss il vecchio compose la famosa marcia: con essa egli salutava la riconquista di Milano e la vittoria del Maresciallo sulla rivoluzione. Venne eseguita la prima volta il 31 agosto 1848, mentre ancora fumavano le rovine di Sermide. I mantovani che l’accolgono ogni anno battendo le mani devono sapere che ripetono così il gesto degli ufficiali asburgici che quel giorno la ascoltarono in tripudio al Wasserglacis di Vienna rendendo onore al vincitore di Custoza.
In quest’epoca di dimenticanze sembra peraltro comprensibile che il pubblico mantovano non sappia che cosa applaude; meno ammissibile è che i direttori del teatro, i direttori artistici e i direttori d’orchestra non sappiano che cosa propongono al pubblico mantovano. Ma la musica, obietterà qualcuno, è un messaggio che trascende e trasfigura le contingenze della politica. In questo caso si direbbe proprio di no. La Marcia di Radetzky fu concepita e composta come un atto politico: lo conferma il fatto che con essa Strauss padre volle apertamente contrapporsi al figlio che aveva aderito alla rivoluzione e, ispirato dagli eventi, aveva composto in quei frangenti i suoi Freiheitslieder (Canzoni di libertà). Certo anche l’oblio è necessario alla vita. Ma occorre pur sapere che ciò che vogliamo essere dipende anche da ciò che decidiamo di ricordare e di dimenticare. Il Risorgimento italiano non fu soltanto il processo di unificazione politica dell’Italia (sul cui valore è naturalmente lecito dissentire), ma anche il luogo d’origine per gli italiani delle idee di libertà e di democrazia che troveranno più tardi la loro espressione più compiuta nella Costituzione della Repubblica. Mandarne al macero la memoria non sarebbe una scelta saggia. Concludiamo con un auspicio: che in tutte le città del continente (e, perché no? del mondo), si affermi la consuetudine di concerti di Capodanno che valorizzino musiche e canti che nella storia dei popoli e delle culture hanno promosso, nel rispetto delle differenze, lo sviluppo del dialogo e della comprensione.
Nicoletta Azzi, Maria Bacchi, Giancorrado Barozzi, Maurizio Bertolotti, Eugenio Camerlenghi, Paolo Corbellani, Daniela Ferrari, Luigi Sguaitzer, Rodolfo Signorini, Anna Maria Petrobelli, Maria Vittoria Grassi, Gianfranco Ferlisi, Speranza Galassi
Aderiscono all’appello : Alessandro Righetti, Giovanni Marinelli, Emma Antonini Associazione Mazziniana di Mantova