Mantova: non suonate la Marcia di Radetzky di Johann Strauss il vecchio .
Io, cliente del Radetzky Café»
Radetzky sì, Radetzky no? Continua il dibattito innescato dalla lettera di tredici storici e intellettuali mantovani all’indomani del concerto di Capodanno al Teatro Sociale. Chiuso con la marcia dedicata da Strauss (padre) al feldmaresciallo. Di seguito proponiamo il contributo di Renzo Dall’Ara. Intanto il confronto continua anche sul web. Ma come ha marciato di traverso quella Radetzky Marsch di fine d’anno al Sociale! Decisamente risorgimental-storical-scorrect e quindi, inevitabilmente, i risorgimental-storical-correct si sono fatti subito leggere sulla Gazzetta. Adesso succede che mi vengono, non dico rimorsi, ma almeno ritorni di coscienza. Devo confessarlo: a Milano, mi è capitato d’essere andato a bere qualcosa al numero 105 di corso Garibaldi – angolo Largo la Foppa. Ebbene, a dispetto del toponimo in camicia rossa, l’insegna recita: Radetzkty Cafè, modaiolo punto d’incontro per il rito meneghino dell’happy hour. Ma guardali questi milanesi, nella città delle famose Cinque Giornate: in via Cusani c’è Palazzo Cagnola e nel giardino credo sopravviva ancora il “Glicine di Radetzky”, proprio il fiore che, si racconta, il rude soldataccio boemo curasse personalmente. Dalla vulgata ambrosiana spunta un particolare: quando rientrò a Milano, dopo le Cinque Giornate del 1848, sarebbe stato accolto così dal popolo: “Semm minga stàa nüm a casciàl via, inn stàa i sciüri!’‘. Da non crederci. Rimane sempre viva, poi, la questione della cotoletta di Radetzky, o meglio della relativa ricetta che l’entusiasta feldmaresciallo mandò al conte Attems, alto dignitario della corte viennese, alimentando così il postumo confronto-scontro anagrafico e prioritario tra la Milanese (con la “s” e con l’osso) e la Wienerschnitzel. I ristoranti mantovani normalmente non l’hanno in menu, ancor meno quindi la metteranno adesso, a scanso di incidenti. Meno male, poi, che lo spartito è andato distrutto in un incendio: forse proprio sull’onda della Radetzky Marsch e della cotoletta Radetzky, uno degli Strauss, forse Johann, compose la Kotelet-polka. Vi figurate i mali di stomaco se l’eseguissero adesso… Al di là del divertente, una vecchia enciclopedia tedesca di personaggi storici (“Geschichte in Gestalten”, 1963-1969) include nella biografia di Joseph
Johann Franz Karl conte di Radetz il particolare che “venne più volte ferito nella difesa di Mantova nel 1797”. Cannonate e fucilate erano francesi ma da Mantova non si era portato via soltanto cattivi ricordi: probabilmente, invece, la ricetta degli gnocchi di zucca, altra sua passione dichiarata. Non per questo verrà l’idea di affiancare alla sacralità dei tortelli, eventuali Radetzky-Knödel… Certo che, per non correre rischi, i prossimi, eventuali concerti potrebbero stare più sul sicuro programmando, che so, “Canzone italiana”, testo di Luigi Mercantini, musica di Alessio Olivieri, eseguita per la prima volta il 3 dicembre 1858 e replicata poi infinite volte da qualsiasi banda in qualsiasi città o paese. Ma che roba sarebbe? I settantenni e oltre l’hanno ascoltata o cantata come “Inno di Garibaldi” e vorrei proprio vedere se qualcuno ci trovasse da ridire. Incominciava così: “Si scopron le tombe, si levano i mort / i martiri nostri son tutti risorti!/ Le spade nel pugno, gli allori alle chiome/ la fiamma ed il nome d’Italia nel cuor!”. Quanto di più garibaldin-correct, dal momento che lo stesso Eroe dei Due Mondi l’aveva commissionata al Mercantini poeta, mentre a rivestirla di musica era stato il cremonese Alessio Olivieri, capo musica della 2º Brigata Savoia. Marcetta ingiustamente archiviata ma, attenzione,
essa stessa non priva di insidie nel refrain: “Va fuori d’Italia/ va fuori ch’è l’ora/ Va fuori d’Italia/ va fuori o stranier!”. Magari va a finire che qualche testa calda la toglie dal contesto storico, trasferendola ai permessi di soggiorno…
Renzo Dall’Ara
http://www.gazzettadimantova.it/