strangers into citizens di Renato Zilio
È il Choir of King’s School di Canterbury che appare questa sera in silenzio e va ad occupare gli stalli dei monaci: una schiera di ragazzi in veste rossa, cappa nera, aria seriosa. Tutto è rituale, preciso, solenne. Il sacro si coltiva anche con questo: il senso della precisione, l’amore per il gesto attento, il clima della dignità. Si avverte, così, di essere di fronte a una Presenza, davanti agli occhi di Dio. Mentre le nostre teste roteano attorno per vedere le meraviglie delle volte, la grandiosità della navata, il decoro degli antichi stucchi…
Un canto preciso, dolcissimo si eleva da voci giovanissime, avanzando poi deciso sul tappeto musicale steso dall’organo – una magnifica struttura sospesa a mezz’aria – in un’architettura antica, gotico-medievale. Voci e contesto: un contrasto che ti commuove. Modernità e tradizione, gomito a gomito, infatti, è un’altra costante di questa cultura. L’officiante anglicano, poi, va all’ambone della Parola accompagnato da un alabardiere e dal suo passo cadenzato. Tutto sa di un’etichetta appresa da secoli alla corte, facendo così intuire la presenza di un invisibile Re… Forse, per questo da noi la liturgia è ben diversa, più popolare, nostrana, immersa di parole e di canto. Neanche ci si concede, a volte, quei pochi istanti di vero silenzio assoluto – istanti di eternità – che assaporavo in certe chiese tedesche dopo la comunione. Non sentivi una mosca volare… e così di fronte a una chiesa colma di credenti si spalancavano le porte del mistero.
Nell’uscire da Westminster abbey mostriamo una piccola curiosità riguardo al verdissimo chiostro che si intravede da un lato della navata… oh, sorry!, ci fanno senz’altro entrare, per farci poi uscire per un’altra porta. Appena fuori,“Credi che da noi se un turista volesse rompere le regole, lancio al mio accompagnatore, lo si accontenterebbe così?!” Al pari di Dante, il mio accompagnatore non degna risposta. Sì, qui è un altro mondo: tutto viene risolto pragmaticamente. Si tratta di un’attenzione al concreto, alla vita pratica, al funzionamento delle cose o delle istituzioni. Mettendoci sempre quella dose di distanza, cioè quel pizzico di ritualità che ricorda il senso della realtà, il valore del simbolo.
Come quando si visitano qui vicino le Camere del Parlamento, al termine di un lungo percorso per sale e corridoi. Allineati davanti agli stessi lunghi divani dei parlamentari (non ci sono pompose poltrone individuali!) si ascoltano le tante informazioni. Ma la prima è quella di non sedersi assolutamente. Resistere in piedi! Ogni sera, però, puoi vedere alla TV questi stessi divani, dove ben stretti i parlamentari dibattono come fossero… su una panchina di fronte al mare o sulla tolda di una nave. Il senso dell’uomo di mare è rimasto negli spiriti: far corpo insieme, allora, è essenziale.
Ed è un gioco di squadra che ci richiama la prima democrazia dell’Europa moderna. Me lo ricordava ancora l’altro giorno Antonietta, giovane architetto, che lavora qui da sei anni. Si trova in un team con un architetto inglese, uno pachistano, un indiano e un coreano. Favoloso! mi assicura. “Saper lavorare insieme ognuno con i propri differenti talenti per progetti mondiali, precisa lei, è esperienza straordinaria, impensabile in Italia.”
Corro con il pensiero a una bella trasmissione sulla BBC: Last Choir Standing, una gara appassionante di corali. Di ogni tipo, musica e stile dallo spiritual, al pop… alla banda vocale dei policeman. Una vera passione qui per 5 milioni di spettatori! E non per nulla questa è la terra dove sono nati i mitici Beatles. Da noi, invece, si adora una voce singola, un’ugola d’oro, un idolo. L’individualismo, è vero, è un altro mondo e porta i suoi frutti, anche straordinari. Purtroppo, non insegna a lavorare insieme ad altri. O ad appassionarsi al bene comune. Ed è un vero peccato!
Renato Zilio missionario a Londra
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