Associazione Mantovani nel mondo

Viaggio in Italia di Patrizia Marcheselli

Caro amico, ad ogni viaggio, vacanza o ritorno, devo riconquistare tutto. 
Come un conquistador, avvisto i lembi della mia terra e i frammenti di vita, la mia gente e sguaino la mia personale spada pacifista, pro interculturale e anti razzista e mi butto.

Il calendario non esiste, almeno i primi giorni e riappare l’ultima settimana di permanenza come una specie di minaccia familiare, tutti lo guardano e nessuno dice nulla. Raccontare per giorni e giorni, l’Argentina (prima era il Messico): Cosa fai in Argentina?, Com`è la vita là?, Com’è la gente?, Cosa dicono degli italiani?… ci sono momenti in cui ti vien voglia di zittire e mettere su un qualsiasi 45 giri. So che non si può evitare… però come ti stanchi.  Ogni volta riappropiarsi del tempo, tempo feroce, tempo senza ritorno. Ogni volta lo scontro di quei pezzi di tempo che non mi appartengono, perchè non c’ero, ero via, un puzzle conosciuto, però non tuo del tutto anche se porta il tuo nome da qualche parte. Sono convinta, che in realtà, chi emigra, come me, come molti, non lascia mai la sua terra.

Si, mio caro amico, altra novità: in realtà non sono mai partita. Una parte di me, schizzofrenicamente congelata e statica dal 1988, vive la sua “non” emigrazione. Si è aderita come un guanto alle ultime istantanee: l’ultimo caffè, l’ultimo abbraccio frettoloso a Daniele (il grazie, per il biglietto aereo, rimasto intrappolato nelle costole), le lacrime di babbo, lo sguardo di mio nipote, le chiaccherate con mia sorella, la mano di mamma, i miei amici più cari, rivedere Laura dopo 20anni o più, la pizza con Pietro, il gruppo di Teatro di Ancona, i tortelli di zucca … e la frase: ‘Quando torni ?…‘  (pausa) ‘…non lo so !’

Una parte che fa male, sempre nello stesso punto, perchè non c`è e quindi ti manca qualcosa. All’aereoporto, per esempio, devo zittire, quasi soffocare il vuoto che provoca, perchè è un buco nella bocca dello stomaco che cullandosi scatena troppe sensazioni. Resta a casa, lei, immagina, come una entità propria e libera di emozioni, immagina me stessa che se ne va e torna.  Chi resta, i tuoi, come diciamo noi, anche loro emigrano con te, anche loro viaggiano e ti accompagnano, immaginano, si lacerano, però poi piano piano ritornano a casa, perchè restare è diverso. Aspettano. Noi no, il seme lo abbiamo gettato altrove, lontano, io a 14.000 Km da casa, immagina le estensioni delle radici, spesso e comunque divise in due.  Le chiamo, le ripercorro, in quei giorni in cui non sono in nessun posto, non sono in Argentina e neppure in Italia.

A metà strada, metto toppe, dove necessario e dove capita, nella mia elastica elezione di vita e mi perdo tra le ramificazioni. Giorni in cui mi chiedo chi sono e vomito domande senza risposta. La mia parte intanto, quella rimasta in Italia, mi aspetta. Tenace mi aspetta. Eretta e vigorosa, vigila l’orizzonte. Una specie di vedetta lombarda … Paziente e generosa condisce la memoria con tutto quello che trova o c`è, a volte confonde ed inganna e non sempre ricorda bene. Sa che prima o poi, il ritorno, si affaccerà e di nuovo i segni del tempo dovranno essere aggiornati, le immagini, le ultime, ritoccate e appiccicate a chi amo con quella dose di realtà e colla che rende muti: rughe nuove, schiene curve, assenze inaspettate, gioie intense, nascite meravigliose, morti inevitabili, vecchie novità.

Appoderarmi di quella parcella, di quel breve territorio di italianità in cui mi riconosco e ci sguazzo, dove per poche settimane, il verbo “sono” è davvero infinito. Non ho il visto di soggiorno che scade ogni 90 giorni, non sono più categoria “Extra Merco Sud”, il mio accento strano evapora ed il tutto è mio, tutto, anche le fesserie di sempre. Mi riconosco nelle viuzze di Bozzolo, nell’architettura di Mantova, nelle zolle di terra, nel profumo della domenica, nella mia bicicletta, nel freno assordante del treno Milano – Mantova, nei piatti di plastica della Festa dell’Unità, nell’acqua.

Fa persino strano scrivertelo, ma è così, sono fragili sospensioni che ti riconfortano e fanno tanto bene. Fortunata di avere la tecnologia che mi avvicina. Pensa ai nostri emigranti del passato: italiani che non sono potuti tornare, italiani che hanno lasciato tutto e tutti, per sempre, senza poter rivisitare la famiglia, italiani che non hanno più nessuno in Italia, gli italiani che prima avevano solo la lettera come mezzo di comunicazione, italiani che sparsi per il mondo vivono in indigenza, italiani che devono lasciare ancora oggi l’ Italia, perchè l’Italia non c`è e la devono cercare altrove.

Tempo fa “un politico”, dal nome italiano, armato di doppio petto, marca italiana e scarpe, che parlava italiano come io parlo russo, ha definito la nuova emigrazione: emigrazione di nicchia.
Ma quale nicchia? 
Dobbiamo pagare per aver dovuto fare una scelta diversa e comunque necessaria e vitale?
Paghiamo giorno dopo giorno, allora come oggi, la distanza che ci separa ed oltre a questo ci dobbiamo difendere da chi, gomma in mano, sbadiglia cercando di cancellarci per far quadrare i conti dello Stato, di metterci da parte.

Siamo tanti, tantissimi, noi italiani nel mondo e loro se ne ricordano solo in occasioni speciali.  Diventiamo italiani solo ogni tanto? Noi no, noi non dimentichiamo mai chi siamo!

Così, amico mio, solo così mi ricordo il perchè me ne sono andata, la mia memoria diventa chiara e funzionale, per un po`torno in me, riunisco le parti. Ricordo il come, il perchè, il quando della mia decisione. Ricordo quali ideologie non condivido, ricordo le situazioni nelle quali non mi riconosco e mi scontro, le opportunità per pochi, rivedo ciò che c`è da tempo e mi assolvo con formula piena. Come puoi vedere o sospettare la mia essenza si cura, almeno per oggi.

Ho comprato una scheda telefonica, 0039 … : Driiinnnnn, driiinnnnn … Dai…molla il computer, che ti sto chiamando …

Dedicato a tutte/i  gli emigranti
Patrizia Marcheselli

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