Associazione Mantovani nel mondo

Contadini e pellagra a cura di Luigi Rossi

Visita a una famiglia,  Solferino, 21 settembre 1905

Trascrivo alcuni appunti presi dal vero; e la descrizione che faccio di una famiglia può applicarsi a parecchie altre simili che oggi ho vedute col medico, per studiare la pellagra. In fondo ad un vicolo, passando davanti alle umili case dei braccianti, apriamo un cancello fatto con rete metallica per tener chiuse poche galline; alcuni panni logori, a brandelli, stesi a sciorinare tra i gelsi, annunciano l’estrema miseria che moviamo ad incontrare. In una stanza a pian terreno, senza pavimento, il medico mi presenta un uomo di forse cinquant’anni, che non può camminare bene perché la pellagra si è localizzata al midollo spinale. Il colore della lingua, l’aspetto della pelle, le mani squamose, sono caratteristiche. La moglie ci racconta che tutta la famiglia vive con una lira e mezza che guadagna ogni giorno il suo figliuolo lavorando in campagna.

Pagano la pigione della casa coltivando pel padrone tre campi che fanno circa un ettaro di superficie. Dalla stanza del piano superiore (che forma tutto l’alloggio con questa in cui siamo) scese una donna con un bambino in braccio; sembrava una ragazza, bionda ed anemica, di sedici anni, e mi disse che ne aveva ventitrè: un altro suo figliuolo, un poco più grande, era andato nel paese. D’inverno il marito, che è l’unico sostegno della famiglia, guadagna solo una lira al giorno. Ma non è possibile campare con tale entrata, perché devono fare tre volte al giorno la polenta; ed ogni polenta costa trenta centesimi. Chiesi se ne avevano della fredda; me la portarono sul tagliere; vidi che era pallida e notai che era mal cotta.
La legna costa (disse il medico) e vanno a cercarla nei campi degli altri. Il sindaco che mi accompagnava si strinse nelle spalle come per assentire che era un furto non punito, il quale si tollera per compassione.
– Ma il figlio che lavora per una lira e mezza è spesato?
No: parte il mattino con un po’ di polenta e torna la sera a mangiare colla famiglia.
– Cosa avete mangiato oggi colla polenta?
Abbiamo comprato trenta centesimi di salame; ma ieri mangiammo solo cavoli con aceto e cipolle, e domani compreremo un po’ di merluzzo per il pranzo della sera. Vino non ne beviamo mai, e il pane lo vediamo di rado.-

La cosa che mi fece più impressione è che in Solferino, una popolazione di millecinquecento abitanti, quasi la metà sia povera come questa famiglia. La Congregazione di Carità viene in aiuto colla distribuzione di alimenti; regala pane, carne, lardo; ma in modo insufficiente, perché sono troppi i poveri. La proprietà è divisa; ma il piccolo proprietario che forma l’onesta famiglia riunita in una casa, è un sogno; perché pochissimi hanno un podere abbastanza esteso per star bene.

In un comune trovai solo tredici famiglie che possono pagare il medico. A Bussolengo sono inscritti per la cura gratuita anche due consiglieri comunali; il che dimostra quanto debba esser povero il paese. Mancando i mezzi pecuniari indispensabili per far fruttare meglio la terra, i proprietari nell’alto Mantovano stanno peggio dei braccianti che lavorano sui latifondi. Nei libri dei socialisti le previsioni e le fasi evolutive del progresso nel rapporto cogli interessi materiali, appaiono semplici ed evidenti; quando però si raffronta la natura colla dottrina, subito la tenebra dell’ignoto stende un velo d’incertezza sopra le conquiste che dalla ragione si credevano assicurate. Vedremo sul monte Baldo essere tra i proprietari maggiore la miseria e più terribile la pellagra.

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