Diario di viaggio del presidente dei mantovani nel mondo in Paraguay per incontrare l’Associazione dei Lombardi
Eravamo curiosi di conoscere questo Paese caratterizzato da una storia piena di passioni, di contraddizioni, di bizzarrie che fanno del Paraguay una delle nazioni più affascinanti del pianeta ma anche uno dei paesi più misteriosi e meno conosciuti. Una storia fatta da gesuiti spagnoli, da eretici anabattisti e comunità utopistiche, ma anche da nazisti in fuga, cannibali e dittatori tanto stupidi quanto longevi e feroci con una popolazione che mescola indios guaraní a spagnoli, irlandesi, tedeschi, australiani, giapponesi e italiani (1), a una natura estrema e incontaminata dove prosperano giaguari, armadilli, zanzare, pesci preistorici e piranha.
Tutto questo è stato ben raccontato, anche con un certo humour, dal famoso scrittore -viaggiatore inglese John Gimlette, alla fine degli anni ‘90, che nell’evocare l’atmosfera ora comica, più spesso tragica, ma sempre bizzarramente surreale del Paraguay, lo ha definito come “ il più grande importatore di whisky al mondo, trasformato a fine ‘800 nella ‘terra delle donne’ per avere avuto decimati tutti gli uomini da una delle guerre più cruente che la storia ricordi. Un paese i cui abitanti adorano Lady Diana e i maialini gonfiabili giunti da oltreoceano, patria d’elezione della sorella di Nietzsche, rifugio dell’Angelo di Auschwitz Mengele e che ha avuto come ‘ imperatrice’ una concubina irlandese e che infine ha come passione nazionale la caccia ai tesori dell’mperatore. E ancora, un paese in cui sono stati svolti i lavori pubblici più grandiosi dal tempo delle piramidi, e in cui corruzione e contrabbando sono pratiche di governo, ma anche dove si chiama Scotland Yard per investigare sull’assassinio del vicepresidente.” Una nazione dove i grandi fatti della storia e i piccoli fatti della cronaca, le ossessioni, i capovolgimenti e le stranezze fanno del Paraguay un paese autenticamente esotico, dove l’unico luogo introvabile è il luogo comune.
Eppure qualcosa sta finalment e cambiando. L’ho visto immediatamente ad Asuncion dove ci ha accompagnati Alberto Poletti . Una città dove regna una certa pulizia lungo le strade, dove gli edifici governativi sono tenuti molto bene, dove vedi dei palazzi nuovi delle compagnie straniere e dove non vedi invece mendicanti o indigenti lungo le vie cittadine apparentemente calme, frequentate da gente che mi appare molto rilassata con molti mercatini improvvisati di contadini e commercianti ambulanti. E’ il Paraguay che non ti aspetti anche se qualche bizzarria ti appare immediatamente: dal nome dell’Aereoporto, intitolato a Pettirossi, (un giovane italo-paraguyano che fondò le forze aeree paraguayane) o come quell’incomprensibile groviglio fatto di fili e di collegamenti elettrici e della luce, privati e pubblici, che avvolge tutti gli edifici della città come enorme foresta pensile sopra le nostre teste. A questo occorre aggiungere un inaspettato caldo torrido, a dir poco equatoriale, che ti soffoca e ti impedisce di uscire nel pomeriggio, arrivando a temperature che superano i 40° all’ombra. Il traffico della città è molto basso e non conosce il caos delle altre città latino-americane. Non vedi tracce di vigili urbani o della polizia: solo pattuglie di militari che in assetto di guerra controllano i pochi veicoli che girano, forse in cerca di droga o di merce illegale.