Associazione Mantovani nel mondo

Il campionato mondiale di calcio in Sud Africa e non solo; di Maurizio Cazzaniga 4 puntata

Arrivo in SudAfrica (1° puntata)
Quello che i primi boeri della Compagnie delle Indie olandesi effettuavano in quattro mesi di veliero nella metà del 1600, dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza per raggiungere Amsterdam provenienti dall’Oriente, ora si compie in dieci ore. All’aeroporto un ancora sconosciuto Paolo Belfiore mi riceve con la copia ingigantita di una mia foto che gli avevo inviato tramite internet per riconoscermi, dopo aver conosciuto il fratello che vive a Forte dei Marmi. Sono ormai 50 anni che è in Sudafrica ma la sua pronuncia in italiano è senza alcuna inflessione, come conviene ad un buon Presidente dell’Associazione Toscani nel Mondo. Manager in una grande impresa che cura la lavorazione ed il commercio di marmi. Parla riflessivo tra nuvole di sigarette guidando la sua BMW che denota agiatezza.

Cielo frizzante, senza nuvole. Temperatura per me estiva di questo inverno nel Gauteng, la regione più popolosa (circa 9 milioni di abitanti) e industriale del Sudafrica. Le autostrade sono con lavori in corso dappertutto. Alcuni ritardi per la costruzione di infrastrutture in vista dei Mondiali di calcio. Ma si denota uno sforzo generale. Bandiere di tutte le nazioni sventolanti per chilometri invitano all’allegria ed alla pace, soprattutto la seconda non scontata in questo lembo di mondo. Arriviamo a Casa Serena dove decido di alloggiare. E’ una casa di riposo per una settantina di anziani italiani che hanno passato gran parte della loro vita in questo Paese e gestita da un Comitato che fa riferimento al Comites. Hanno delle camere a disposizione per eventuali italiani di passaggio. Mi sembra di non avere lasciato la mia Patria, sentendo ovunque la mia lingua. Mario Serra, il direttore italiano qui residente da 30 anni, è attivo disponibile organizzato. Sembra un lombardo con venature austro-ungariche ed invece è romano de Roma. Pranziamo con spaghetti, of course.
La sera partecipo ad una rumorosa festa in vista dei mondiali con 350 commensali al Club degli italiani che si trova di fronte a Casa Serena. Antipasto, lasagne, pessima torta, inno sudafricano e italiano nell’ordine, magliette azzurre e giallo oro verde dei “Bafana Bafana” ( come è definita nella lingua zulu la nazionale di calcio sudafricana, tradotto “Ragazzi Ragazzi”). Folclore calcistico e vuvuzuela, la ormai famosa trombetta che è entrata prepotentemente nella recente tradizione “rumoristica” locale (anticamente si usavano le corna dei bufali) e che l’anno scorso durante la Confederation Cup mi ha solleticato azioni violente ai danni del mio povero innocente televisore. Inizio a parlare con alcuni partecipanti alla festa e già mi accorgo della particolarità di questa comunità, poi confermata nei giorni seguenti con incontri interessanti ed interviste che vi racconterò nel prossimo e-mail. L’immigrazione è stata massiccia dal 1950 e completamente diversa da quella verso l’Argentina cominciata alla fine del 1800. Qui sono arrivati tecnici specializzati, gente che in Italia ha avuto contratti per lavorare in questo Paese e che poi hanno deciso di rimanere. Imprenditori. Innamorati del Paese arcobaleno che hanno venduto tutto e si sono trasferiti qui definitivamente. Poche persone arrivate con catene di solidarietà familiare che chiamano anello dopo anello e che rientrano nei canoni della normale emigrazione.

Domenica: mi presento al punto di incontro per i Volontari della FIFA a Pretoria, città a 45 km. da Johannesburg con cui divide una contiguità assoluta di paesaggio cittadino e autostrade che hanno fatto disperare negli anni scorsi gli automobilisti per l’allargamento delle corsie, leggasi Milano–Bergamo. Ora portano a noi viaggiatori incoscienti un beneficio che a chi non approfondisce potrebbe sembrare normale e non invece frutto di code chilometriche per mesi ed addirittura portatori di cambi di stili di vita. Città estesa, senza un centro o piazze. Con zone residenziali blindate, gli ormai immancabili shopping center e il Loftus Stadio che mi appare piccolo dall’alto di una collina. E’ qui che opererò. Mi danno la divisa e quando la indosso mi sento strano inadeguato buffo con la gigantesca scritta appiccicata ovunque : Volunteer – 2010 FIFA WORLD CUP SouthAfrica.

Helen, nera volontaria e professoressa di inglese, mi accompagna al Ticketing Center di un centro commerciale dove mi danno i biglietti acquistati per le prime tre partite dell’Italia. Tutto funziona alla perfezione. Come il primo T bone alto tre dita e digerito senza alcuna difficoltà. Gotta mia statte zitta!!!! In un campo di calcio dell’Università, adiacente al centro di raccolta dei volontari, centinaia di persone sono schierate per ricevere le prime indicazioni, la divisa, il pass. Guardo con interesse questi ragazzi, tutti di colore, che a differenza di quello che mi aspettavo sono vestiti con magliette e pantaloni dai colori cupi, neri, senza colori sgargianti. Sono stato influenzato dalle stravaganti camicie di Mandela??? Ritorno sicuro con Luisa, moglie di Mario, a Casa Serena per dormire.

Lunedì: non usuale per me, di mattina presto, visito Soccer City a Johannesburg, centro operativo della World Cup. Lo stadio è ovale con un colore marrone rossastro. Non so spiegarmi il perché ma mi da l’impressione di qualcosa di africano. Gli architetti se volevano centrare questo obbiettivo, con me ci sono riusciti. Centinaia di persone sono indaffarate. Ed anche piccole macchine di movimento terra per i ritardi nella sistemazione di piazzali non asfaltati antistanti lo stadio. Polvere. TV di tutto il mondo nel Broadcasting Center, con la RAI con più persone degli altri network al seguito e più spazio negli studi in allestimento. Sempre a distinguersi nel bene o nel male noi italiani!!!

.Johannesburg è senza servizi pubblici. Niente con la N maiuscola. Poche linee di bus, treni inesistenti, rari taxi, ovviamente nessuna metro. Raccatto un passaggio da Albert, anch’egli volontario addetto ai trasporti. 52 anni tre figli. Lavora normalmente per DHL. Zulu. Conosce le strade alla perfezione. Mi porta al Museo dell’Apartheid vicino a Soweto, famoso quartiere da dove sono iniziate le prime ribellioni all’apartheid. Closed, shit. Non mi demoralizzo. Ho già pronta l’alternativa. Andiamo al Museo Africa a Newtown, di cui avevo letto in Italia e aperto nel 1994 con le prime elezioni democratiche in un ex mercato stile anni ’50. Stessa espressione piu’ qualcuna in slang italico. Ma………..

“Vengo dall’Italia” dico ad custode all’entrata, ma senza convinzione di entrare perché so che è una impresa impossibile quando si parla di musei. Ed invece mi guarda tenero e mi dice: ” Don’t worry. Non disperarti, qui siamo in Africa, entra!!!” Non credevo alle mie orecchie ed ho pensato alla bellezza di un po’ di elasticità ed anarchia. Ed alla sua esaudita speranza di una mancia. Museo interessante e per me fuori dal già visto. Il nome pomposo è forse veritiero. E’ uno spaccato ben raffigurante la cultura africana. Da bellissime sculture ricavate da gigantesche radici di alberi a esili figure umane estratte dalle zanne di avorio. La storia delle miniere di oro e diamanti, le ere geologiche. Per arrivare sorprendentemente alla omosessualità, alla fotografia, al calcio ed a Gandhi che ha vissuto a Johannesburg e Durban per circa venti anni. Solo una minima presenza di Nelson Mandela, quasi un pudore a mostrarsi, ma figura politica di tale statura che resterà per sempre nella storia di questa parte di Africa e mito vivente per tutto il resto del mondo, con i suoi 92 anni, forse l’Alzheimer incipiente. Un esempio di tolleranza, di perdono e di lungimiranza politica.

La sera Stanton, parte nuova e ricca della città per incontrare Fabio, altro volontario di Lecce conosciuto a Roma all’Ambasciata sudafricana durante il colloquio di selezione quale volontario FIFA e Assumpta, che si interessa dei problemi di bambini abbandonati del Rwanda. Ritorno avventuroso e girovagante a notte fonda a Casa Serena con un taxista che non conosceva le strade e neppure il proprio nome. Accidenti a lui. Il pensiero dominante degli abitanti di Johannesburg, dopo ovviamente l’attualità del Mondiale, è la criminalità e la sicurezza. Ma ne riparleremo, troppo importante come problematica sociale e politica.
Per ora vi saluto ed ovviamente non posso che gridare: Forza Azzurri!!!

Maurizio Cazzaniga


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