Associazione Mantovani nel mondo

Un libro “Per non dimenticare” di Magnani Casali

magnani2010Giuseppe Magnani Casali, storico collaboratore dell’ Associazione dei Mantovani nel Mondo, nel suo ultimo lavoro racconta le lotte bracciantili che avvennero subito dopo la seconda guerra mondiale.  “Per non dimenticare”, così si intitola il libro da poco uscito, in cui poi l’autore ridefinisce nel sottotitolo il senso della sua rievocazione: “Le lotte bracciantili dal 1949 al 1950.  A sessant’anni dall’assassinio di Vittorio Veronesi”.  Il contesto storico in cui si colloca questa pubblicazione è tra 1949 e 1950, quando l’agricoltura mantovana tornava a vivere i giorni difficili del ‘48 per la vertenza del patto bracciantile che il governo non era riuscito ad evitare. Gli scioperi si susseguivano e la situazione andava degenerando. Gli agrari (quello era il termine usato allora ) assumevano lavoratori provenienti da altre province o profughi, per assicurare la mungitura e la raccolta del fieno mentre le forze dell’ordine intervenivano per disperdere i manifestanti.

Nella notte del 17 maggio 1950, una tragica svolta: l’uccisione di Vittorio Veronesi, bracciante e attivista sindacale comunista di Bancole. Aveva 30 anni, con alle spalle 3 anni di guerra e la Resistenza sull’Appennino tosco-emiliano.  Che cosa accadde quella notte Casali Magnani lo racconta fondandosi sulle testimonianze raccolte. Il luogo: la corte Schiarino Previdi a Sant’Antonio di Porto Mantovano. Le persone: Paolo Grazioli, fittavolo della Schiarino; Luigi Maffezioni, Livio Zuffo e un Gasparini, braccianti che non scioperavano e infatti stavano andando a mungere le vacche nella stalla del Grazioli; Vittorio Veronesi, capolega di Marmirolo con i braccianti Nerino Balduini e Angelo Montagnoli. E poi la sparatoria, perché “almeno due avevano sparato, lasciando a terra bossoli di calibro 7,65 e 9”. Balduini veniva trovato ad un centinaio di metri, gravemente ferito, con accanto la bicicletta. Soltanto un’ora dopo il ritrovamento di Vittorio Veronesi, ormai cadavere, a 500 metri, al di là di un fosso profondo, che non poteva aver attraversato da solo. Montagnoli, ferito leggermente al collo era sfuggito al peggio gettandosi in un fosso. Aveva sparato Grazioli colpendo Veronesi, mentre Casali Magnani aggiunge che “il suo compagno veniva raggiunto da due proiettili sparati dal Gasparini”.
La versione ufficiale, diffusa dall’Ansa, parlava di Grazioli e dei Crumiri che avevano reagito perché “aggrediti da un gruppo di individui armati di bastoni” e veniva contestata alla Camera dal deputato socialista mantovano Eugenio Dugoni e dal movimento sindacale. Il funerale di Veronesi richiamava il 19 maggio decine di migliaia di persone da tutta l’alta Italia. Ma il percorso della memoria seguito dal libro tocca il destino dei Veronesi: Vittorio ucciso come sappiamo; il fratello minore Renzo, partigiano combattente, fucilato dai fascisti a Bologna nell’aprile 1944; il fratello maggiore Dino, soldato mai più tornato dalla campagna di Russia. Anche questo non si dovrebbe dimenticare.

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