Associazione Mantovani nel mondo

Canonizzazione di Giovanni Battista Scalabrini

9 ottobre 2022

Nella giornata della canonizzazione di Giovanni Battista Scalabrini, fondatore del primo ordine religioso dedicato agli italiani emigrati nel mondo, di séguito si propone il testo integrale della relazione del padre scalabriniano Mario Toffari presentata al Convegno sul ruolo della Chiesa cattolica nell’emigrazione ai tempi di San Pio X, già vescovo di Mantova (4 ottobre 2022, Mantova).

Per il rispetto delle persone di cui parlerò: San Pio X, il Beato Scalabrini e il Vescovo Bonomelli, e per rispetto vostro, devo chiaramente anticipare che procedo con sintesi, quasi giornalistiche, e quindi sicuramente riduttive rispetto alla complessità degli apporti di queste personalità.

Introduzione

Ci fu una sorta di conoscenza, rispetto e anche amicizia che nacque in modi diversi tra Scalabrini e le altre grandi figure. Non risulta, invece, che ci fosse un’amicizia tra Bonomelli e Papa Sarto. Da una lettera del Card. Agliardi sappiamo che Papa Sarto affermava di aver conosciuto lo Scalabrini già quando questi era parroco a San Bartolomeo a Como, quindi tra il 1870 e il 1875. Ma non pare ci siano altre fonti che ci dicano come si conobbero e perché.  Scalabrini incontrò il Bonomelli quando era Rettore del Seminario di Como dove il Bonomelli fu chiamato a predicare gli esercizi: ne nacque subito una grande amicizia della quale, dopo tre anni dalla morte di Scalabrini, nel 1908 il Bonomelli scrive: “Questa amicizia, benché intima, non scemava la libertà di pensare e di agire su diversi punti, anzi la rendeva più salda e al bisogno eroica”. Tutti e tre, comunque, si trovarono più volte a dover collaborare, non sempre insieme, ma a due a due. Per Bonomelli e Scalabrini si trattava di una costante amicizia. Il Vescovo Sarto e il Bonomelli, facevano parte della stessa Regione, la Lombardia, e quindi c’era un confronto, non sempre molto conciliante, in verità. Papa Sarto e Scalabrini si incontrarono spesso su temi d’emigrazione e non solo. Comunque tutti e tre sono collegabili per la loro spiritualità dell’azione: persone che intervenivano, in modi diversi, concretamente sulle vicende del loro tempo, sia religiose che politiche.

Ho scelto tre focus del loro impegno concreto

  1. 1. La Condivisione della necessità della cultura religiosa, a cominciare dall’età dell’infanzia, mediante il catechismo. Tutti e tre furono presenti a Piacenza al primo convegno catechistico Italiano (primo anche nella storia della Chiesa) dove sia Bonomelli sia il futuro Pio X sostennero con forza la posizione di Scalabrini per un unico catechismo nazionale. Anzi aleggiava anche la voce di un unico catechismo per la Chiesa Cattolica. Papa Sarto darà alla Chiesa un unico catechismo. Il Beato Scalabrini, definito da Pio IX apostolo del catechismo, gioì dal cielo, 13 giorni dopo la sua morte, quando ne vide la prima pubblicazione per la Diocesi di Roma, poi estesa a tutta la Chiesa, il 14 giugno 2015. Annota l’enciclopedia Wikipedia:” È una sintesi di un catechismo unico del Congresso Catechistico Nazionale svolto a Piacenza nel 1889 e venne esposto come disciplina con l’enciclica Acerbo Nimis e richiesto per la diocesi di Roma; è strutturato in domande brevi con relativa Il testo fu successivamente adottato in tutta Italia”. Di fatto fu un rifacimento di quello già da lui composto per la dottrina dei ragazzi a Mantova, sulla scia di quello di Piacenza e rimase praticamente in vigore fino al Concilio Vaticano II.

Ma perché Leone XIII, che pure aveva molto elogiato il Congresso di Piacenza e il catechismo proposto dallo Scalabrini, non volle estenderlo a tutta l’Italia? Fu il Segretario di Stato, card. Rampulla a suggerirgli di non farlo, perché una simile decisione poteva essere vista come un avvallo all’unità nazionale, realizzatasi con la Breccia di Porta Pia. Entriamo così nella famosa “Questione Romana”.

  1. La Questione Romana

Subito una domanda: Appena appresa la notizia dell’elezione del Card. Sarto a Sommo Pontefice, Scalabrini ne tesse grandi lodi e nelle lettere private, soprattutto a Bonomelli, afferma che la parte religiosa con questo Papa era al sicuro, mentre sospendeva il giudizio sulle posizioni politiche del nuovo Papa. Perché?

E qui val la pena di fare un excursus:

  • 1870 Breccia di Porta Pia: Roma passa al Regno d’Italia.
  • 1871, Casa Savoia si trasferisce nella già dieci anni prima proclamata capitale d’Italia.
  • Il governo italiano offre al Papa famose “guarentigie”, leggi dello Stato Italiano, che avrebbero dovuto garantire al Papa la libertà. Pio IX non accetta di diventare suddito del Regno d’Italia, si chiude in Castel Sant’Angelo. Ai Cattolici viene proibito di partecipare alla vita politica: “né eletti, né elettori”
  • Nascono due partiti gli “Intransigenti” decisi ad avere nessun rapporto con lo Stato Italiano fino alla restituzione dello Stato Pontificio e i “Transigenti” che volevano limitare i danni, che sarebbero poi successi, regalando di fatto lo Stato in mano alla Massoneria e agli anticlericali, elemosinando da loro solo comprensione.
  • Leone XIII tenta un approccio alla questione romana, chiedendo alla Scalabrini di firmare un opuscolo, redatto dal Papa stesso, dal titolo “Intransigenti e transigenti” e di pubblicarlo come suo: il Papa non doveva apparire. La reazione degli Intransigenti fu tremenda e spaventò Leone XIII, che si limitò a gratificare il silenzio dello Scalabrini con un suo Breve apostolico.
  • E qui le posizioni dei tre nostri personaggi cominciano a diversificarsi, anche se a tutti e tre stava a cuore un’unica realtà: molti Italiani per essere fedeli alla Chiesa avrebbero dovuto rinunciare alla Patria e molti preferirono allontanarsi dalla Chiesa e dalla fede.

Bonomelli, non tenendo conto che il Sillabo aveva condannato chi auspicava la fine del potere temporale, con il suo carattere impulsivo e radicale, si lancia sulla necessità della fine del potere temporale dei Papi, da lui considerata un vero vantaggio per la libertà della proclamazione della fede cristiana e arriva a pubblicare il famoso libretto: “Roma, l’Italia e la realtà delle cose” che viene subito condannato da Leone XII e messo all’indice dal Sant’Uffizio. Bonomelli, nonostante i consigli contrari di Scalabrini, dal pulpito di Cremona fa l’abiura: il Papa elogia, ma gli Intransigenti Cardinali Romani scoprono una confessione non completa e parte una lunga guerra, con forti umiliazioni per Bonomelli. Scalabrini non parla mai della fine del potere temporale: persegue solo alcune cose fondamentali, delle quali si farà interprete  San Paolo VI nel discorso ai Missionari Scalabriniani il 16 ottobre 1968 “Il vostro Fondatore fu celebre per alcune sue posizioni che, possiamo dire, hanno anticipato gli avvenimenti della storia dei cattolici in Italia, perché ebbe vedute sue particolari allora molto discusse, ma lungimiranti, circa la posizione del popolo nello Stato italiano, e circa la partecipazione, che allora era esclusa, dei cattolici alla vita pubblica del Paese. Non approvò mai la formula che allora era vigente: né eletti né elettori, vero? E questo gli valse grandi discussioni ma anche il merito di aver intuito quale doveva essere la posizione dei cattolici in questo Paese”. Scalabrini proponeva la soluzione che poi fu adottata, della città leonina, come Stato Vaticano la partecipazione attiva dei Cattolici alla vita politica. (Del resto questo problema del potere temporale andrà ancora a lungo nella storia e gli anticattolici ad oltranza lo intravvedono presente ancor oggi. Di fatto i Papi continueranno a indossare la Tiara o triregno, una particolare corona utilizzata dai papi a partire dal medioevo fino alla seconda metà del secolo XX come simbolo di sovranità, alla cosiddetta “incoronazione”. Si dovette arrivare al 13 novembre 1964, festa di san Giovanni Crisostomo, il Papa San Paolo VI concelebrò nella Basilica di San Pietro la solenne liturgia in rito bizantino insieme a S. B. il Patriarca di Antiochia dei Melchiti Massimo IV Saigh (1878-1967), uno dei protagonisti del Concilio. Al termine della liturgia, il Segretario generale del Concilio, dopo aver ricordato che la Chiesa seguendo l’esempio di Cristo Redentore sempre è stata madre dei poveri, annunciò che «il Papa donava a loro la sua tiara». Il Santo Padre stesso, sceso dal trono, si recò all’altare e tra le più vive acclamazioni depose la sua tiara sulla mensa. La tiara gli era stata donata dalla Diocesi di Milano. II gesto commovente suscitò una grande sorpresa: forse non tutti lo approvarono, anche perché implicava per i successori la rinuncia alla tiara e al triregno che avrebbe comportato una visione nuova dello stesso mandato papale). Il Vescovo Sarto a Mantova si trovava in una situazione difficile n Lombardia, con i Vescovi di Milano e di Brescia schierati dalla parte intransigente. Il Vescovo Sartp sceglie di non affrontare la questione e rimane obbediente a Roma (intransigente) mentre si dà al rinnovo pastorale della Diocesi. Ma il Patriarca di Venezia Sarto, pur avendo conservato un certo attaccamento sentimentale per Francesco Giuseppe, il sovrano austriaco dei suoi primi trent’anni, al contrario dell’ambiente della Curia Veneziana e Romana, manifestò verso la Casa Savoia e il giovane Regno d’Italia un atteggiamento più conciliante, ormai convinto che indietro non si sarebbe più ritornati. Incurante delle critiche e dello stupore di alcuni, non esitò ad indurre i cattolici veneziani ad allearsi con i liberali moderati, per far cadere l’amministrazione comunale massonica, che aveva soppresso il catechismo nelle scuole e fatto togliere il crocifisso negli ospedali. Il suo avvicinamento all’Italia ufficiale era dettato da un realismo pastorale e non per simpatia all’ideologia liberale e modernista che personalmente rifiutò sempre. Ecco perché Scalabrini, che pur aveva più volte pronosticato al Card. Sarto l’elezione a Sommo Pontefice, si domandava se il Papa avrebbe agito come quando era Vescovo di Mantova o come quando fu Patriarca di Venezia. La risposta giunse a Scalabrini quando era in Paradiso da dieci giorni, l’11 giugno 1905, quando San Pio X nella sua enciclica “Fermo Proposito”, scritta in italiano, autorizzava i cattolici a partecipare alla vita politica, raccomandando loro di prepararvisi convenientemente. Non esito ad affermare che lo Scalabrini fu più volte interpellato dal Papa negli ultimi due anni della sua vita, anche su questo argomento. Più complicata fu, invece, la relazione di Pio X con Bonomelli: questi nel 1911, al compimento dei suoi ottant’anni, diresse a San Pio X una lettera nella quale gli raccomandava “moderazione nelle disposizioni contro il modernismo” e, con una frase sibillina invitava, il Papa a rinunciare al potere temporale. Il Papa reagì con una famosa e piccata lettera dal titolo “Rispondo punto per punto” nella quale riafferma la necessità del Papa di essere libero dagli Stati, per poter proclamare universalmente la fede. A mio parere, finché esisterà la costruzione umana degli Stati e delle Nazioni, identificabili solo dai confini tracciati dall’uomo, ci dovrà essere almeno una casa, magari quella di Pietro a Cafarnao, che garantisca al Papa la libertà di rappresentare una Chiesa che si definisce cattolica, cioè aldi sopra di ogni nazionalità. Quando, finalmente, Patria di ogni uomo sarà il mondo, allora non ci sarà più bisogno di un’extra territorialità della Chiesa e a questa cattolicità hanno dato e daranno un forte contributo le migrazioni. Di questo vogliamo parlare .

  1. Le migrazioni.

Il campo in cui tutti, Bonomelli, il Beato Scalabrini e San Pio X svilupparono un’opera meravigliosa furono le Migrazioni. Il Vescovo Sarto ha scritto una lettera meravigliosa sulla sorte dei suoi Mantovani che abbandonavano la loro terra dirigendosi verso l’ignoto; a questa fece eco un’altra splendida lettera dello Scalabrini circa le sue emozioni vedendo i migranti in partenza dalla stazione di Milano. Scalabrini fondò la Congregazione dei Missionari di San Carlo per gli emigrati e l’Opera San Raffaele, fatta di laici, per l’accoglienza nei porti delle Americhe. Indusse Santa Cabrini a preoccuparsi degli emigrati in America e fondò egli stesso un istituto femminile: le Missionarie di San Carlo. Il Vescovo Bonomelli fondò un’opera laica e sacerdotale per l’assistenza degli emigrati in Europa, opera che nel 1940 venne assorbita dai Missionari Scalabriniani. Le Migrazioni, per Scalabrini un fatto naturale, attraverso il quale la Provvidenza riporta all’unità del genere umano, ricevettero con Papa Sarto la loro prima organizzazione di strutture pastorali. San Pio X, che spesso consultò lo Scalabrini su questo tema, fu il Papa che rispose alle domande di riforme strutturali fatte dallo Scalabrini. Questi il 5 Maggio 1905 (meno di un mese prima della morte), chiedeva al cardinale Merry Del Val che presso la Santa Sede venisse creata una Commissione Centrale per gli emigrati cattolici di tutte le nazionalità. Scriveva:” Non più soppressioni di popoli, ma fusioni, adattamenti nei quali le diverse nazionalità si incontrano, si incrociano, si ritemprano e danno origine ad altri popoli nei quali pure nella dissomiglianza, predominano caratteri determinati e determinate tendenze religiose e civili (…). La Chiesa Cattolica è chiamata dal suo apostolato divino e dalla sua tradizione secolare a dare la sua impronta a questo grande movimento sociale, che ha per fine la restaurazione economica e la fusione dei popoli cristiani”. In questa prospettiva si domandava molto realisticamente: “A che cosa servirebbe inviare missionari nel mondo per diffondere la fede cristiana tra gli infedeli, se poi non ci preoccupassimo dei milioni di migranti cristiani, che già possiedono questa fede ma rischiano di perderla, perché abbandonati a sé stessi?” Nel 1912 con ben due motu propri (De Catholicorum in exteras regiones e Cum omnes Catholicos) Pio X pose l’emigrazione nel dicastero dei Vescovi, la Concistoriale, dove aveva aperto una sezione speciale per l’emigrazione. Sempre in seguito a proposte di Scalabrini istituì a Roma il Pontificio Collegio dei Sacerdoti per l’emigrazione Italiana (motu proprio Jam pridem). Un mese dopo a morte di Scalabrini approvò la Società dei Missionari di Sant’Antonio di Padova per assistere gli emigrati sulle navi: nascevano i Cappellani di bordo. Infine a San Pio X è dovuta la paternità della prima giornata nazionale per gli emigrati del 1914 che si trasformerà alla fine del secolo in giornata dei migranti e rifugiati.

Conclusione

Mi sia lecito in questa sede concludere il mio intervento ricordando che domenica prossima, 9 ottobre 2022, Papa Francesco proclamerà Santo Giovanni Battista Scalabrini. Dell’amicizia con Bonomelli ho parlato all’inizio del mio intervento. Vorrei concluderlo con due brevi citazioni che ci danno il senso della stima e dell’amicizia tra San Pio X e il quasi Santo G.B. Scalabrini, Scalabrini fece di San Pio X questo ritratto: “fortezza d’animo, mitezza di spirito, fermezza di carattere, bontà di cuore, austerità di vita; nobiltà del tratto e affabilità dei modi, e ingegno aperto e umiltà profonda; e poi zelo ardente, prudenza rara, pietà illuminata, carità inesauribile, operosità indefessa, pratica degli affari e intuizione esatta dei tempi indicano chiaramente abbastanza quali saranno gli atti e la condotta, quali pagine Esso scriverà nella storia della Chiesa”. A questi elogi Pio X pare rispondere con due importanti affermazioni, dopo la morte dello Scalabrini. Ad un gruppo di Comaschi andati a Roma ad onorare la memoria di Scalabrini nella Chiesa di San Carlo al Corso, il Papa Sarto scrive: “L’omaggio he voi avete reso al vostro illustre concittadino, lo ritengo fatto a me”.  E, infine, ma soprattutto, per l’inaugurazione del monumento in San Bartolomeo a Como, Pio X fece l’elogio dello Scalabrini, che già aveva definito “desideratissimo amico”, uno dei migliori nostri Vescovi, non meno insigne per sapienza che per bontà, scrivendo; e per l’occasione scrive “Parroco esemplare che ha procurato l’educazione del suo popolo, specialmente con l’insegnamento del catechismo; Vescovo dotto, mite e forte che anche in dure vicende ha sempre difeso, amato e fatto amare la verità, ne l’ha mi abbandonata per minacce o lusinghe; Apostolo coraggioso per mantenere a fede dei nostri emigranti nelle Americhe”.

Sono i tre titoli incisi sull’urna di Scalabrini

Questi due grandi uomini, ai quali mi sia lecito aggiungere il sanguigno (bresciano) Bonomelli, che hanno fatto rivivere l’incarnazione di Dio nell’uomo e nella sua storia, oggi insieme rimangono figure profetiche che ci hanno lasciato qualcosa non solo da ricordare, ma anche da realizzare, perché anche oggi Dio si incarna nell’uomo per farlo suo figlio, a qualunque razza o Paese questi appartenga: è la forza del Cristianesimo che, come ha detto Scalabrini, “vuole fare Patria dell’uomo il mondo”.

Mario Toffari

vicepostulatore per la causa di canonizzazione del beato Scalabrini.