Associazione Mantovani nel mondo

Intervista a Giuseppe Pesenti, imprenditore lombardo e Vice Presidente dell’Associazione dei Lombardi in Costa Rica

pesenti-2011Che cosa lo ha motivato a venire da Bergamo in Costa Rica?

Il piacere e la curiosità di conoscere un nuovo mondo e l’allontanarmi dal terribile clima della mia terra mi fanno approdare a una terra che mi dà l’opportunità di crescere professionalmente come tecnico elettricista, visto che in quel momento il Costa Rica era molto arretrato in questo settore

Come è stato ricevuto in Costa Rica?

 

Con calore umano e, visto che arrivai nel 1989 quindi un anno prima di un evento di tale importanza come il mondiale d’Italia 90, un gruppo di italiani insieme a me visitarono la città e trovarono persone affascinate dalla cultura italiana e dall’ambiente legato al calcio e al mondiale.

Sono state quelle impressioni che la portarono a stabilirsi in Costa Rica e a lavorare nel campo dell’elettricità?

Dopo aver considerato la situazione politica, la semplicità della gente, e una certa stabilità economica e commerciale in relazione ai paesi vicini, decisi di rischiare un po’ e stabilirmi cercando la possibilità di crescere professionalmente. Mi imbattei nelle difficoltà di ogni nuovo immigrante, i noti “intoppi migratori”, i problemi dell’idioma, le barriere culturali e di idiosincrasia rispetto al pensiero conformista e di poca proiezione del costaricano il quale, davanti alla paura della cosa nuova o dei grandi cambiamenti, si difende nella comodità del già conosciuto, della cosa tradizionale e questo si rifletteva soprattutto nel sistema bancario che fu uno dei problemi più difficili da superare poiché, le entità bancarie restringevano il finanziamento ai progetti nuovi come quello proposto.

Come è riuscito a superare tutti quegli inconvenienti?

La collaborazione e l’appoggio dei conterranei fu di grande importanza unita allo sforzo e a una certa capacità di lavoro. In questa maniera potei incominciare a costruire quello che, in principio, fu solo un’idea e continuare a dare forma lentamente, come costruire un muro: di mattone in mattone, vincendo tutti gli ostacoli che si presentavano, incluso lo scetticismo delle istituzioni.

Si considera un imprenditore “arrivato”?

No, non mi considero neanche un imprenditore, questo mi genererebbe molta pressione. Considero che sono ancora in una fase di costruzione e di strutturazione della mia impresa.

Giuseppe, quale è il suo sogno attuale nell’aspetto imprenditoriale o lavorativo?

Considero che ci sia un grave problema sociale che mi ha sensibilizzato abbastanza in questo aspetto. A causa della burocrazia bancaria molti nuovi progetti non hanno il supporto finanziario per essere sostenuti e realizzati quindi la piccola impresa e industria non hanno la possibilità di svilupparsi, a questo si aggiunge il fatto che le università regolano tutti gli anni il numero di professionalità nei vari settori che, il più delle volte, non trovano poi accesso al mercato del lavoro e finiscono per lavorare nei call center o come taxisti. Questo problema fa sì che la classe media e medio bassa non abbia buone opportunità lavorative e di abitazione. Per questo motivo ho deciso di dirigere i miei sforzi per riempire quel vuoto affinché le famiglia con poche risorse possano avere la possibilità di optare per un’abitazione degna.

Perché, secondo lei, la colonia italiana e i loro discendenti, non hanno come altre migrazioni – la francesa, tedesca o spagnola- un club per riunirsi?

Sembra che gli immigrati, una volta arrivati, abbiano lavorato per le proprie attività senza occuparsi molto di raggrupparsi e rafforzare realmente una colonia unita, limitandosi a fondare tre o quattro Associazioni con pochi soci attivi; inoltre lavorare in forma isolata in quasi 100 anni ha portato a risultati insignificanti, eccetto qualche festa, qualche celebrazione commemorativa italiana e tutto questo in saloni, case di campagna e proprietà private e, in alcune occasioni, nella Residenza dell’Ambasciatore, a differenza dei paesi dell’America Meridionale che hanno tutti la loro Casa Club, una Scuola italiana e università italiane.

Cosa ne pensa sulla possibilità di fondare una Federazioni che raggruppi le varie associazioni italiane in grado di portare avanti in modo compatto i
vari progetti che si possono proporre?

È sommamente difficile raggruppare queste persone, oltre al fatto che ciò richiederebbe un censimento reale degli italiani residenti e di quella popolazione di italiani che entrano ed escano dal Paese per problemi legati ai permessi di residenza. Un censimento caro e difficile da realizzare

Signor Giuseppe, sappiamo che tra i suoi sogni c’è quello di fondare la “Scuola Italiana” dove imparare la nostra cultura d’origine. C’è qualche possibilità che si possa realizzare?

E’ abbastanza difficile ma non impossibile; primo per l’organizzazione, per la questione economica, pedagogica, amministrativa visto che dovremmo superare enormi deficienze educative per equiparare i nostri programmi di studio a quelli italiani e poter avere licei a livello europeo che poi permettano ai nostri giovani di entrare senza difficoltà a qualsiasi università italiana.

Don Guiseppe, è stato un vero piacere parlare con lei sulle varie questioni e vedere questa grande sensibilità sociale che non possiamo non condividere col pubblico che ci legge. Anche questo è servito a ravvivare una fiamma di speranza in noi giovani che credevamo di essere “dimenticati”. Ora la Gioventù Mantovana e lombarda in Costa Rica si impegnerà a tenerla sempre accesa.

Dirce Campos Tioli ed Erick Pesenti
Corrispondenti lombardi da San José de Costa Rica

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